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Carcere di Padova: Convegno sull'ergastolo e sulle pene lunghe. Lettere di Papa Francesco e Agnese Moro al Convegno

Venerdì 20 gennaio presso il carcere Due Palazzi di Padova si è svolto un convegno sull'ergastolo e sulle pene lunghe, organizzato dalla redazione della rivista Ristretti Orizzonti, formata da detenuti e volontari dello stesso carcere. Grazie al lavoro della redazione e in particolare della coordinatrice e presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia Ornella Favero, ci sono state relazioni di illustri giuristi tra cui magistrati di sorveglianza, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà Prof. Mauro Palma, il prof Giovanni Maria Flick ex Ministro di Giustizia, il Prof. Galliani, l'ex PM Gherardo Colombo, di parlamentari tra cui Luigi Manconi presidente della Commissione Diritti umani del Senato, il sottosegreatario alla Giustizia Gennaro Migliore, Rita Bernardini del Partito Radicale, il senatore Pietro Ichino e tanti altri, di Sabina Rossa ex parlamentare e figlia di Guido Rossa ucciso dai brigatisti rossi, di rappresentanti delle camere penali di Roma e Milano, di dirigenti del Dap.

Tutti hanno evidenziato l'incostituzionalità e la disumanità dell'ergastolo e tutti si sono trovati d'accordo sulla necessità della sua abolizione, si sono trovati d'accordo sulla necessaria revisione del 41 bis, carcere duro che lede la dignità delle persone detenute. Tutti hanno espresso la necessità di superare la giustizia retributiva, che alla sofferenza inflitta alla vittima dal reo risponde con

una sofferenza inflitta al condannato dallo Stato, una sorta di vendetta che non risolve alcun conflitto, e di passare alla giustizia riconciliativa, riparativa, che ricuce lo strappo provocato dal crimine.

Inoltre ci sono state numerose testimonianze di detenuti ergastolani, dei loro familiari, figlie, sorelle e madri. Hanno raccontato con grande dignità come viene vissuta una pena come l'ergastolo e come questa pena coinvolga in modo pesante anche i familiari.

Credo sia arrivato il momento, hic et nunc, di avviare anche a Viterbo una riflessione sulle pene, sull'ergastolo, sulle pene lunghe, sul 41 bis, sulla giustizia riparativa e rinconcigliativa.

Riporto di seguito due lettere inviate al Convegno, una di Papa Francesco e una di Agnese Moro.

Alessandro Pizzi, volontario nel carcere di Viterbo.

Lettera di Papa Francesco

La lettera che Papa Francesco ha consegnato a don Marco Pozza in Santa Marta il 17 gennaio scorso, in vista del convegno organizzato ieri da Ristretti Orizzonti nella Casa di Reclusione di Padova.


Caro don Marco, ho saputo che nella Casa di reclusione Due Palazzi di Padova avrà luogo un convegno per riflettere sulla pena, in particolare su quella dell'ergastolo. In questa occasione vorrei porgere il mio saluto cordiale ai partecipanti ed esprimere la mia vicinanza alle persone detenute.
A loro vorrei dire: io vi sono vicino e prego per voi. Immagino di guardarvi negli occhi e di cogliere nel vostro sguardo tante fatiche, pesi e delusioni, ma anche di intravedere la luce della speranza. Vorrei incoraggiarvi, quando vi guardate dentro, a non soffocare mai questa luce della speranza. Tenerla accesa è anche nostro dovere, un dovere di coloro che hanno la responsabilità e la possibilità di aiutarvi, perché il vostro essere persone prevalga sul trovarvi detenuti. Siete persone detenute: sempre il sostantivo deve prevalere sull'aggettivo, sempre la dignità umana deve precedere e illuminare le misure detentive.
Vorrei incoraggiare anche la vostra riflessione, perché indichi sentieri di umanità, vie realizzabili perché l'umanità passi attraverso le porte blindate e perché mai i cuori siano blindati alla speranza di un avvenire migliore per ciascuno.
In questo senso mi pare urgente una conversione culturale, dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita; dove si respinga la via cieca di una giustizia punitiva e non ci si accontenti di una giustizia solo retributiva; dove ci si apra a una giustizia riconciliativa e a prospettive concrete di reinserimento; dove l'ergastolo non sia una soluzione ai problemi, ma un problema da risolvere. Perché se la dignità viene definitivamente incarcerata, non c'è più spazio, nella società, per ricominciare e per credere nella forza rinnovatrice del perdono.
In Dio c'è sempre un posto per ricominciare, per essere consolati e riabilitati dalla misericordia che perdona: a Lui affido i vostri cammini, la vostra riflessione e le vostre speranze, inviando a ciascuno di voi e alle persone a voi care la Benedizione Apostolica e chiedendovi, per favore, di pregare per me.

 

Lettera di Agnese Moro

Cara Ornella e cari amici di Ristretti Orizzonti, questa volta non riesco ad essere con voi in questa giornata di riflessione sull'ergastolo e sulla necessità di abolire una pena che, essendo senza fine, uccide la speranza di tornare ad essere liberi; ferisce l'impegno costituzionale ad aiutare i colpevoli a rivedere criticamente la propria vita e a tornare tra noi a dare il proprio contributo alla vita sociale; punisce nella maniera più crudele e ingiusta coloro - grandi e piccini - che nutrono affetti profondi per chi è condannato a una pena tanto severa.

Credo che la questione dell'abolizione dell'ergastolo, prima di riguardare la politica, riguardi tutti noi cittadini. Prima o oltre una discussione in Parlamento è essenziale che ci sia una discussione larga, capillare, serena nelle nostre città e nei nostri paesi. Non ci sono scorciatoie. Quando parliamo di reati tanto gravi da portare a una condanna all'ergastolo tocchiamo una materia incandescente, ci riferiamo ad atti terribili che sono stati compiuti, sopraffazioni e distruzioni della vita di singole persone o, come nel caso della criminalità organizzata, di intere comunità, come avviene, solo per fare un esempio, nella "terra dei fuochi".
La discussione da intraprendere non è né piccola né banale. Riguarda come, in concreto, si combatte il male (che tutti siamo capaci di fare) , come lo si sradica dal cuore di chi l'ha compiuto perché non torni mai a farlo, come si curano le ferite di chi è stato colpito spesso irrimediabilmente, come si costruisce una società che sappia prevenire, accogliere e sostenere coloro che abbandonano vecchie e terribili strade. Bisogna sapere che le persone possono cambiare, che sono sempre molto di più del loro reato, e che c'è, come dice la mia amica Grazia Grena, dentro ognuno, qualunque cosa abbia fatto, qualche cosa di buono che può e deve essere illuminato. Anche se non ce ne accorgiamo la nostra società è desiderosa di intraprendere una simile discussione. Si tratta solo di farlo. Un abbraccio

Agnese Moro

 

 

 

 

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